L'Unione Europea ha ratificato invece, per cinque anni, un dazio del 38% su quelle in pelle
Il 25 luglio scorso il Consiglio dei
ministri dell'Unione Europea ha
definito le misure relative alle
importazioni cinesi di pelletteria a
seguito dell'inchiesta antidumping
che lo scorso febbraio aveva portato
all'adozione di un dazio provvisorio
del 39,2% sulle borse importate
dalla Cina. Scaduti i termini
del provvedimento, ora l'Unione
Europea ha definitivamente revocato
i dazi sulle borse in plastica e
tessuto, mentre ha ratificato quelli
sulle borse in pelle con un aggravio
del 38% per i prossimi cinque anni.
La notizia interessa da vicino
quei produttori italiani (una trentina circa)
che negli ultimi anni
hanno stretto accordi produttivi, o
delocalizzato parte della produzione,
in Cina. Si ricorderà, infatti,
che all'adozìone del primo provvedimento
restrittivo anche all'interno
dell'associazione dei pellettieri
italiani (Aimpes) erano sorte forti
polemiche. Se da una parte, infatti,
il prowedimento nasce a tutela
delle produzioni di pelletteria
europee, dall'altra evidentemente
danneggia coloro che per ovviare
al costo del lavoro hanno effettuato
investimenti in Cina.
L'Unione Europea ha comunque
annunciato che saranno riaperti i
termini per l'analisi delle imprese,
sia italiane che cinesi, che non
operano in regime di dumping e,
in quanto tali, soggette a trattamenti
specifici. La conferma dei
dazi sulle borse in pelle ovviamen-
te non piacerà all'Unione conciaria
italiana (Unic) che negli ultimi
mesi aveva a più riprese denunciato
il danno arrecato dal provvedimento
ai conciatori italiani che forniscono
le materie prime ai produttori cinesi
(per un valore di circa 150 miliardi l'anno) .